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martedì 20 settembre 2016

questi giorni

Questi giorni - Giuseppe Piccioni - Italia - 2016
Venezia 73   Concorso
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Questi giorni

Italia
drammatico
2016

colore
DCP
120’



regia
Giuseppe Piccioni
aiuto regia
Marcella Libonati
soggetto
ispirato al romanzo “Color betulla giovane”
Giuseppe Piccioni
Pierpaolo Pirone
Chiara Atalanta Ridolfi
Marta Bertini
sceneggiatura
Giuseppe Piccioni
Pierpaolo Pirone
Chiara Atalanta Ridolfi
fotografia
Claudio Cofrancesco
montaggio
Alice Roffinengo
scenografia
Giada Calabria
musica orig.
Valerio C. Faggioni
suono
Dario Calvari
Daniele Maranello
effetti spec.
Fausto Vitali
costumi
Emanuela Naccarati
casting
Massimo Apolloni
interpreti
Maria Roveran… Liliana
Marta Gastini… Caterina
Laura Adriani… Angela
Caterina Le Caselle… Anna
Filippo Timi… prof. Mariani
Alessandro Averone… Guglielmo
Mina Djukic… Mina
Sergio Rubini
Margherita Buy
(…)
produttore
Matteo Levi
Verdiana Bixio
produzione
11 Marzo Film
Publispei
Rai Cinema
distribuzione italiana
Bim
distribuzione internazionale
Rai Com

Una città di provincia. Tra le vecchie mura, nelle scorribande notturne sul lungomare, si consumano i riti quotidiani e le aspettative di quattro ragazze la cui amicizia non nasce da passioni travolgenti, interessi comuni o grandi ideali. Ad unirle non sono le affinità ma le abitudini. Il loro legame è tuttavia unico e irripetibile come possono essere unici e irripetibili i pochi giorni del viaggio che compiono insieme per accompagnare una di loro a Belgrado, dove l’attendono una misteriosa amica e un’improbabile occasione di lavoro.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia come terza “opzione” italiana è stato ingenerosamente maltrattato da quella critica, che tra la moltitudine di visioni, scivola facilmente nella spocchia da prima della classe, dove la produzione nazionale deve aprioristicamente subire le più severe valutazioni:
Questi giorni risulterà terz’ultimo ex aequo con The Light Between Oceans di Cianfrance nella classifica del Daily veneziano. Chissà perché?

Storia d’amore e d’amicizia al femminile, di una generazione (purtroppo si percepisce un fuori tempo massimo) che appare comunque molto più matura della precedente. Purtroppo la scelta del “Road movie” da una parte consente di regolare i tempi ma dall’altra si avverte un effetto riempitivo che rischia di creare disordine rendendo il racconto schematico. Ma è anche vero che il tentativo di costruire e descrivere quell’umanità varia, sottoposta a fragili sentimenti, dimostri come queste giovani donne siano alla ricerca di un senso individuale delle cose.

La vita finisce a quarant’anni o a cinquanta? Forse prima?
Forse dipende dai dettagli ma sicuramente, la vita, quella che vivi dopo averci preso gusto, dura veramente troppo poco, ovvero quando te ne accorgi non puoi più riprenderla nelle tue mani. Non solo la religione ma anche l’amicizia hanno il potere profondo d’illudere: il futuro appare carico di promesse e ottimismo ma le variabili sono infinite e ogni strada percorre un itinerario il più delle volte indecifrabile e misterioso.













_______________Giuseppe Piccioni / note di regia
Cos’è quell’illusione di eternità che improvvisamente si inceppa, minaccia di interrompersi proprio quando il futuro sembra comunque essere carico di promesse? Perché un viaggio intrapreso per suggellare il legame di un’amicizia che in quel modo cerca di diventare eterna, crea invece un’incrinatura insanabile nell’equilibrio incerto della vita quotidiana del gruppo?
Ho lavorato a lungo con le ragazze perché loro sono semplicemente il film. Volevo raccontare anche quel senso fisico dell’esistenza tipico di quell’età, quell’energia, quel dispendio senza riserve o cautele. Non volevamo fatti eclatanti, o situazioni estreme da raccontare, insomma non una storia troppo premeditata. Avevamo poco tempo, molti spostamenti e tantissime scene da girare. Nella parte iniziale il tempo viene scandito dalla ripetizione, dalla frammentarietà episodica, dalla somma di vicende di vita ordinarie, nella somiglianza dei minuti, delle esperienze. Nel viaggio, per quanto breve, si ha la sensazione di un’idea diversa della durata, che il tempo sia interamente vissuto. Dovevo stare semplicemente vicino a queste ragazze, dovevo filmare qualcosa che non è solo nella storia. Raccontare anche quel senso fisico dell’esistenza tipico di quell’età, quell’energia, quel dispendio senza riserve o cautele. In questo senso il paesaggio ci ha aiutati ma non in maniera descrittiva e la natura è solo compagna di quei gesti, di quelle parole, di quelle vicende., della fiammata improvvisa che nell’arco di pochi giorni vissuti intensamente diventa rapidamente ricordo, un’occasione mancata, un gesto che si è perso da qualche parte, anche se bisogna andare avanti, sempre. Come dice Caterina tutto quello che accade ci accade senza che ne siamo consapevoli: «Se qualcuno ci avesse detto, in quei giorni, che quelli erano i nostri giorni, irripetibili, e che eravamo dentro un’eterna promessa che il tempo vissuto dopo non avrebbe mantenuto, noi non gli avremmo creduto, avremmo pensato che invece il nostro tempo fosse ancora davanti a noi, che il meglio dovesse ancora venire…»