El
club
Cile
drammatico
2015
colore
DCP
2,35:1
97'
regia
Pablo
Larraín
sceneggiatura
Guillermo
Calderón
Daniel
Villalobos
Pablo
Larraín
fotografia
Sergio
Armstrong
montaggio
Sebastián
Sepúlveda
scenografia
Estefanía
Larraín
costumi
Estefanía
Larraín
suono
Miguel
Hormazábal
interpreti
Alfredo
Castro… padre Vidal
Roberto
Farías… Sandokan
Antonia
Zegers... madre Mónica
Jaime
Vadell… padre Silva
Alejandro
Goic… padre Ortega
Alejandro
Sieveking… padre Ramírez
Marcelo
Alonso… padre García
José
Soza… padre Lazcano
Francisco
Reyes… padre Alfonso
(…)
produttore
Juan
de Dios Larraín
Rocío
Jadue (esecutivo)
Juan
Ignacio Correa (esecutivo)
Mariane
Hartard (esecutivo)
produzione
Fabula
distribuzione
italiana
Bolero
film
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Quattro
sacerdoti vivono insieme in una casa isolata in una piccola città
sul mare. Ognuno di loro è stato inviato in questo luogo per
cancellare i peccati commessi in passato. Vivono osservando un
regime rigoroso sotto l’occhio vigile di una sorvegliante,
quando la fragile stabilità della loro routine viene interrotta
dall’arrivo di un quinto uomo, appena caduto in disgrazia, che
porta con sé il suo passato oscuro.
Ci
sono preti che non rientrano più nella sfera di controllo della
chiesa, sacerdoti che devono sparire dalla circolazione perché
impresentabili, questi preti, che hanno commesso atti disdicevoli
e si sono macchiati di veri delitti contro l’umanità, non
possono più praticare il culto religioso ma nello stesso tempo
sono scampati alla “giustizia terrena”. Essi vivono isolati e
lontano dai loro luoghi d’origine in piccole realtà protette e
segrete dove, da ex uomini di culto, dovrebbero condurre una vita
di completo ritiro e pentimento.
La
religione e in particolare la fede determinano quella concretezza
di cui un popolo sbandato ed insicuro ha necessità, è il
pragmatismo capace di contribuire ad una sopravvivenza forse
minimale ma funzionale. È qui che scopriamo come, in fondo, ogni
atto di violenza subìto è in realtà un sacrificio, una
penitenza, un’offerta a un qualche Dio o a chi in suo nome
professa.
La
Storia del Cile è impregnata e condizionata dai regimi
dittatoriali degli anni ‘70 e successivi e per quanto non ci
siano precisi riferimenti storici, nel film si descrive, comunque,
un’attitudine a determinati comportamenti: se il Potere ha
inflitto grandi violenze queste vengono sistematicamente coperte
con un velo di silenzio in grado di determinare un rassicurante
oblio, con conseguente impunità.
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Alejandro Sieveking, Alfredo Castro, Alejandro Goic, Jaime Vadell, Antonia Zegers |
Infine:
non può passare inosservata la scelta tecnica dell’autore,
Larraín (anche co-sceneggiatore), ovvero una fotografia
costantemente sovraesposta e “bruciata”, controluce
irrazionale e fastidioso ed un uso spesso evidente di ottiche
corte e deformanti
grandangoli
quasi da imporre allo spettatore quel senso di fastidio nei
confronti dei personaggi descritti.
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