Armiamoci di illimitata pazienza, taccuino, matita e partiamo per questo imprescindibile tour… artistico, turistico e non solo attraversando le sale del Kuntshistorisches Museum di Vienna (con particolare applicazione per Brueghel il Vecchio), girovagando per le strade della medesima città tra pittoreschi scorci, sale da tea e corsie d’ospedale al capezzale di una donna in coma (?).
Un sorvegliante del sopracitato museo, che un tempo lavorava al seguito di rumorosi gruppi rock, passa le sue ore nella quiete del museo contemplando le opere e soprattutto chi le guarda, tra questi egli nota una donna che periodicamente vi trascorre il suo tempo rapita dal fascino dell’arte esposta. I due fanno amicizia imparando a conoscersi nei loro aspetti più privati. Lei, canadese, si trova a Vienna interdetta, spaesata e senza troppi soldi, per assistere una parente (cugina ormai persa di vista) malata terminale ricoverata all’ospedale. Sia il guardiano che la donna sono due anime solitarie che si incontrano e si riconoscono, insieme intraprenderanno il medesimo percorso dello spettatore relazionando la vita normale, quella di tutti i giorni fatta di momenti per lo più insignificanti, con l’arte: come tiene a sottolineare l’autore del film, l’arte ci comunica cose e fatti, per scoprirne l’essenza basta lasciarsi andare cercando di abbattere quelle barriere che solitamente si ergono tra le due dimensioni; in tal senso pare particolarmente esplicita la sequenza che mostra tre avventori completamente nudi mentre contemplano i dipinti (NdR).
I frequentatori di musei o gallerie d’arte non sempre sono preparati nel cogliere tutte le sfumature del “messaggio” artistico, pertanto giunge in aiuto il cicerone. Nello specifico, abbandonati i due amici, si sprofonda in estenuanti spiegazioni, ogni dettaglio, di non so più quale quadro di Brueghel, viene descritto esaurientemente, come l’omino che defeca. L’anima documentaristica di Cohen si palesa prepotentemente e nel il pittore fiammingo egli trova un suo importante predecessore: “capace com’era d’illustrare il reale rappresenta un grande documentarista del suo tempo”.
Di tanto in tanto si esce dalle imponenti stanze del museo, per percorrere le strade viennesi ammantate di malinconico grigiore, alla scoperta di vedute interessanti e mai semplici “cartoline” turistiche.
Il film non scende a compromessi, per tutta la sua durata costringe lo spettatore ha cercare tra i vari elementi una personale logica narrativa, e se risulta interessante le relazione tra vita e arte meno convincente appare l’obbligo ad assistere alla visione di un documentario realizzato con tecnica ineccepibile: “BBC style”.
Tra i produttori dell'opera figura l'amica di Jem Cohen, Patti Smith.
Jem Cohen - Locarno 2012 |