testata (theda)

testata (theda)

lunedì 20 agosto 2012

leviathan

Leviathan - Lucien Castaing-Taylor/Véréna Paravel - GB/USA/Francia - 2012
Una barca da pesca solca le acque dell’oceano Atlantico seguendo le medesime, fantastiche, rotte della baleniera Pequod. Ma in questo caso non ci si trova di fronte ad un racconto d’avventura bensì dentro la cronaca reale di un equipaggio alle prese con la fatica e il disagio. La trama si sviluppa seguendo un andamento documentaristico, ipnotico e decisamente sperimentale, difficilmente catalogabile.
Questo lavoro inizialmente doveva essere un film politico incentrato attorno al “Leviathan” di Hobbes poi, intrapreso il viaggio in mare, la coppia di autori ha preferito concentrarsi su una diversa idea, principalmente agganciata al Leviatano biblico quindi il “Moby Dick” di Melville: la balena che per le sue dimensioni e la sua potenza bene rappresentava la figura mitologica; stessi mari, stesso confronto tra uomo e natura.
Una grande impresa cinematografica ma non nel senso tecnico, che comunque ha richiesto un grosso sforzo di tempo e di mezzi (circa un anno di riprese e 12 telecamere disseminate in ogni angolo della barca), bensì, come ha raccontato Véréna Paravel, dal punto di vista fisico e soprattutto emotivo: «è stata un’esperienza molto violenta e difficile, con la percezione di capire il significato della parola Inferno», ma anche: «Leviatano, sinonimo di mostro che se risvegliato è in grado di sconvolgere l’ordine del mondo in caos».

Il rumore costante dei motori intervallato dallo sciabordio dell’acqua, il garrire dei gabbiani, le catene o le cime avvolte dai verricelli, il tonfo dei pesci liberati dalle reti sul ponte della nave compongono l’esclusiva e sinistra colonna sonora; le immagini fornite dalle telecamere, letteralmente gettate senza scrupoli tra i pesci boccheggianti o legate sullo scafo che si infrange tra le onde, oppure primissimi piani sulla macellazione delle mante con uncini e coltello seguendo i movimenti regolari e ritmati dei pescatori, coinvolgono totalmente generando una forza espressiva estrema tra il sogno e l’incubo.
Il cinema, questo vero cinema, si fa occhio, vede e rilascia senza compromessi ne mediazioni all’Io profondo percezioni ancestrali, totalizzanti. Il cinema che racconta antitetico al cinema “raccontante”, immagini pure che attraversano il (e non solo un) mondo pieno di situazioni.