…Endimione, chi?
Una donna, poetessa incompiuta, “sacerdotessa” fascinosa e misteriosa, innamorata della bellezza è attratta dalle fattezze di un ragazzo avvenente ma inesperto: cresciuto ignorando l’esistenza di un mondo rimosso. La donna con la sua semplicità fatta di parole, sguardi, movimenti del corpo lo introduce là dove una società-madre - insipida, banale, appariscente e puttana, omologata e monetizzata - lo aveva relegato. Questa società-madre sente che la poetessa glielo sta portando via e si intromette tra i due ma gli insegnamenti ricevuti faranno sprofondare il ragazzo nel mito di Endimione, la Luna lo ha ormai stregato.
L’educazione sentimentale per educare o rieducare a vedere, ad assaporare, a vivere e riconoscere o leggere gli insegnamenti dell’arte e quanto di meglio il fantastico e maledetto genio umano abbia saputo creare. La conoscenza diviene, se maneggiata sapientemente, un semplice e puro strumento di godimento.
Il cinema che vuole sopravvivere diventa soggetto resistente e sfida il nostro tempo lottando con ostinazione, consapevole che lo spazio si sta riducendo, il suo ciclo vitale è prossimo alla fine. Il cinema, metamorfosi di un’arte cha ha già venduto la propria anima e ora cerca un utopico spettro con cui compiere un altro passo avanti, magari inseguendo ipotetici alleati più titolati. Ma quando gli alleati sono anch’essi malconci questa fatica diventa inutile.