Ventunesimo secolo, prima decade, Marsiglia.
Un gruppo di operai lascia decidere dalla sorte quale sarà
il loro futuro.
Questo non è l’incipit di un film fantascientifico ma dell’ultimo
lavoro di Robert Guédiguian, la cronaca di una vicenda come tante che possono
accadere, e accadono, sempre più frequentemente nella società contemporanea,
liberamente ispirata alla poesia “Les pouvres gens” di Victor Hugo.
Il cineasta francese, con il suo inconfondibile stile
manierato, descrive, come detto, una vicenda figlia di quest’epoca, facendola
ruotare attorno ad un nuovo concetto di classe sociale o più precisamente alla
seguente domanda: esiste ancora la classe operaia? Già, la “classe operaia” tra
virgolette. È lecito, obbligatorio farsi questa domanda. Se un tempo avremmo
visto mettere in scena, dal medesimo autore, specifici dualismi tra classi
sociali eterogenee (poveri contro ricchi) in questa occasione siamo di fronte
ad uno scontro tra elementi appartenenti, per certi versi, alla medesima classe
sociale.
Guédiguian affronta con coraggio una sconfitta epocale, una
sconfitta che gli appartiene come appartiene a tutti coloro che hanno creduto
all’evoluzione sociale basata sulla solidarietà, giustizia, uguaglianza. Ebbene,
sono proprio gli “ultimi” ad aver perso la speranza di un riscatto, forse perché
orfani di qualsivoglia ideale?
In conclusione, secondo il regista non tutto è da buttare e
si avverte un’inspiegabile fiducia verso il genere umano, ma la storia sta
cambiando inesorabilmente e l’immortalità esiste solo nei sogni. Non sono solo
i ricchi il problema per i poveri ma i poveri stessi.