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Italia,
Francia
drammatico,
biografico
2016
colore
D-Cinema
2.35:1
100'
regia
David
Grieco
soggetto
David
Grieco
sceneggiatura
Guido
Bulla
David
Grieco
fotografia
Fabio
Zamarion
montaggio
Francesco
Biotti
scenografia
Carmelo
Agate
musica
“Pink
Floyd”
costumi
Nicoletta
Taranta
trucco
Paola
Gattabrusi
suono
Frédéric
Le Louet
effetti
speciali
Mario
Zanot
interpreti
Massimo
Ranieri... Pier Paolo Pasolini
Libero
De Rienzo... Antonio Pinna
Matteo
Taranto... Sergio
François-Xavier Demaison... Moreau
Milena
Vukotic... Susanna Colussi Pasolini
Roberto
Citran... Giorgio Steimetz
Tony
Laudadio... l'avvocato
Alessandro
Sardelli... Pino Pelosi
Paolo
Bonacelli... il vescovo
Catrinel
Marlon... la prostituta
(…)
produttore
Marina
Marzotto
Alice
Buttafava
Marco
Dreysse (esecutivo)
Dominique
Marzotto (coproduttore)
Lionel
Guedj (coproduttore)
Vincent
Brançon (coproduttore)
produzione
Propaganda
Italia Srl
Mountflour
Films (associata)
To
Be Continued Production (coproduzione)
Aliante
Partners (coproduzione)
distribuzione
italiana
Microcinema
Distribuzione
|
Nell’estate
del 1975, Pier Paolo Pasolini è impegnato al montaggio di uno dei
suoi film più discussi, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, e
nella stesura del romanzo “Petrolio”, un atto di accusa contro il
potere politico ed economico dell’epoca. Intanto, da mesi ha una
relazione con Pino Pelosi, un giovane sottoproletario romano che ha
legami con il mondo criminale della capitale. Una notte, alcuni amici
di Pelosi rubano il negativo di “Salò” e chiedono un riscatto
esorbitante. Il loro vero obiettivo non sono i soldi, ma uccidere
Pasolini.
Ricordo quel 1° novembre, ricordo che ne parlarono in televisione, ne fecero programmi di approfondimento. Ricordo immagini in bianco e nero di un manichino travolto ripetutamente da una macchina e in casa sentivo parlare di un intellettuale molto importante e controverso, comunista morto ammazzato in una scialba spianata all'Idroscalo di Ostia. Sono ricordi sfocati di bambino che in quel novembre del 1975 venne a conoscenza di un altro Pasolini, questo era un poeta e regista che scriveva sui giornali cose stimolanti e lucide mentre l'altro Pasolini morì due anni prima all'Autodromo di Monza. Anche quella volta, ricordo, l'aria si ingrigì.
Poi
con cadenza di dieci anni Pasolini, il poeta, lo scrittore, il
cineasta, rientra negli anniversari importanti e tutti si danno da
fare per esaltare il suo intelletto e la sua opera provocatoria e
lungimirante o viceversa per oltraggiarlo o irriderlo per la sua
indole sessuale. Regolarmente si torna a parlare ora del poeta, ora
del regista ora dello scrittore e puntualmente se ne ricava un
prodotto interessante per articoli e speciali televisivi dove si
ripropongono sempre gli stessi documenti di repertorio, filmati
salvati dalla distruzione e si ritorna ad approfondire su quell'uomo
massacrato brutalmente da un ragazzetto “di vita” (versione
ufficiale ritenuta da sempre, malgrado i dubbi di qualcuno, credibile
e definitiva).
Sul
finire del 2013 sarà la volta di Abel Ferrara, che porta sullo
schermo la sua personalissima lettura del personaggio basato sul
Pasolini uomo, così dichiarerà l'autore e regista americano, nella
ricostruzione dell'ultimo giorno di vita del poeta, Ferrara, spera di
trovare le risposte alla domanda su come e perché un artista di
quell'importanza abbia trovato una morte così straziante analizzando
le sue stesse immagini convinto che in esse risiedano le risposte,
l'arte come messaggero di verità. Attraverso le immagini del cinema:
ma le immagini del cinema non sono finzione? L' arte può essere
verità? Alla fine ne verrà fuori un racconto squisitamente
cinematografico dove le risposte cercate, però, rimangono bloccate
nell'immaginazione del suo ideatore. Risposte definitive, ovviamente,
non ci saranno perché esse rimarranno per sempre incastrate nella
memoria dell'assassino o degli assassini e della vittima stessa.
Evidentemente
quanto prodotto da Ferrara non convince David Grieco che sentirà
l'esigenza, e siamo nel 2015, di raccontare la propria idea sui fatti
del primo novembre 1975. Egli, infatti, cavalca l'ipotesi del
complotto ovvero la vendetta dei politici e degli imprenditori che
Pasolini attaccava ferocemente in quanto artefici della rovina
italiana. Politici e faccendieri “terrorizzati” dalla
pubblicazione di un fantomatico romanzo (Petrolio) nel quale Pasolini
potrà divulgare i loro nomi e cognomi.
|
«La Macchinazione racconta gli ultimi tre mesi di vita di Pier Paolo
Pasolini e mette a fuoco il suo rapporto con Pino Pelosi. Perché di
rapporto si trattava. Il giovane ragazzo di vita e il poeta non si
erano incontrati per caso quella notte alla Stazione Termini.
Pasolini e Pelosi si conoscevano e si frequentavano da quattro mesi.
E ciò rende ancora più grottesco il mistero dell’assassinio di
Pier Paolo Pasolini.» (D. Grieco, Note di regia)
Tutto
il film si concentra nel dimostrare l'intrigo del titolo:
“L'omicidio, una grande mistificazione”. Una immersione negli
anni Settanta concentrandosi nell'analisi di quella “piccola e
povera” Italia mai liberatasi dalla propria insipida natura
conformista e vigliacca, “Siamo tutti figli di don Abbondio”;
complotti di palazzo dove onorevoli politici e criminalità più o
meno organizzata si incontrano delineando le guide per il futuro di
un Paese senza scrupoli e speranze. Quello, che forse il film dice ma
non si capisce, è che non è importante chi ha ucciso Pasolini ma
chi ha fatto sì che questo delitto abbia potuto aver luogo, non
sottolineando la responsabilità di una società tutta, così intenta
a non disturbare quel Potere specchio fedele di un popolo meschino e
ancora intellettualmente arretrato (malgrado la scolarizzazione).
Grieco
prova anche a divulgare tratti della personalità dello scrittore
azzardando immagini visionarie, poco apprezzate da certa critica, che
vogliono dar forma alla proverbiale lungimiranza attribuita a
Pasolini: dai codici binari alla pubblicità che richiama gli
“Scritti corsari”. Forse, il problema più evidente che si può
attribuire al film è la sensazione che l'autore abbia lasciato un
po' da parte il Cinema a favore di una narrazione di tipo televisivo
con l'inevitabile rischio di didascalismo.
Alessandro Sardelli (Pino Pelosi) - Massimo Ranieri (Pier Paolo Pasolini) |
Roberto Citran (Giorgio Steimetz) - Massimo Ranieri (Pier Paolo Pasolini) |
Libero De Rienzo (Antonio Pinna) - Matteo Taranto (Sergio) |
Massimo Ranieri (Pier Paolo Pasolini) - François-Xavier Demaison (Moreau) |