testata (theda)

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sabato 30 gennaio 2016

il figlio di Saul

Saul fia - László Nemes - Ungheria - 2015
Cannes 68   Concorso
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Gran Premio speciale della giuria   Cannes 2015
Premio FIPRESCI   Cannes 2015
Golden Globe - Miglior film straniero (Ungheria) 2016
Oscar - Miglior film (straniero) 2016


Saul fia


Ungheria
drammatico
2015


colore
1.37:1 (35 mm)
107'






regia
László Nemes
sceneggiatura
László Nemes
Clara Royer
fotografia
Mátyás Erdély
montaggio
Matthieu Taponier
scenografia
László Rajk
musica
László Melis
suono
Tamás Zányi
casting
Éva Zabezsinszkij
interpreti
Géza Röhrig... Saul Ausländer
Levente Molnár... Abraham Warszawski
Urs Rechn... Oberkapo Biederman
Todd Charmont... prigioniero con la barba
Sándor Zsótér... Dr. Miklos Nyiszli
Marcin Czarnik... Feigenbaum
Jerzy Walczak... Rabbino del Sonderkommando Frankel
Uwe Lauer... SS Voss
Christian Harting... SS Busch
Kamil Dobrowolski... Mietek
Amitai Kedar... Hirsch (raccoglitore oro)
István Pion... Katz
Juli Jakab... Ella
(…)
produttore
Gábor Rajna
Gábor Sipos
produzione
Laokoon Filmgroup
Hungarian National Film Fund
Claims Conference
Saul Ausländer fa parte dei Sonderkommando di Auschwitz, i gruppi di ebrei costretti dai nazisti ad assisterli nello sterminio degli altri prigionieri. Mentre lavora in uno dei forni crematori, Saul scopre il cadavere di un ragazzo in cui crede di riconoscere suo figlio. Tenterà allora l’impossibile: salvare le spoglie e trovare un rabbino per seppellirlo. Ma per farlo dovrà voltare le spalle ai propri compagni e ai loro piani di ribellione e di fuga.

Quando uno come me vede un film come questo capisce due cose: prima cosa, non si tratta di un film spettacolare, ovviamente il tema trattato è delicato e la spettacolarità in quanto tale non vi si addice; seconda, il regista scegliendo la strada dell'anticinema mi vuole costringere non tanto a vedere ma piuttosto ad essere, costringendomi a vestire i panni del protagonista e condividere quell'inferno senza vie di fuga, non solo fisiche, nel quale si trova costretto.

Rappresentare il non rappresentabile e cercare di dare senso al vuoto totale che esso in realtà descrive è impossibile, questa probabilmente è la ragione per cui il regista ha optato per questa soluzione che risulta essere assoluta e funzionale: primi piani estenuanti, colori desaturati e campi lunghi sfocati, insostenibili. Nel film si vede poco ma si intuisce tutto e quel tutto è doloroso per quanto inconcepibile, ciò che si intuisce è la ricerca di un senso e di una speranza nella follia propria e in quella di una civiltà orrenda.






László Nemes

martedì 26 gennaio 2016

remember

Remember - Atom Egoyan - Canada, Germania - 2015
Venezia 72   Concorso

sabato 16 gennaio 2016

francofonia

Francofonia - Aleksander Sokurov - Francia, Germania, Paesi Bassi - 2015
Venezia 72   Concorso
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Francofonia

Francia, Germania, Paesi Bassi
drammatico
2015

colore
DCP
87'



regia
Aleksander Sokurov
aiuto regia
Alexei Jankowski
Marina Koreneva
sceneggiatura
Aleksander Sokurov
fotografia
Bruno Delbonnel
montaggio
Alexei Jankowski
Hansjorg Wessbrich
musica orig.
Murat Kabardokov
costumi
Colombe Lauriot Prévost
trucco
Simon Livet
Maurine Badassari
suono
Emil Klotzsch
effetti speciali
Jean-Michel Boublil
casting
Laura Rosenthal
interpreti
Louis Do de Lencquesaing... Jacques Jaujard
Benjamin Utzerath... Franz Wolff-Metternich
Vincent Nemeth... Napoléon Bonaparte
Johanna Korthals Altes... Marianne
Jean-Claude Caër
Andrey Chelpanov
Catherine Limbert... la segretaria di Jacques Jaujard
(…)
produttore
Pierre-Olivier Bardet
produzione
Ideale Audience
Zero One Film
N279 Entertainment
Arte France Cinema (co-produzione)
Le Musee du Louvre (co-produzione)
distribuzione internazionale
Films Boutique
distribuzione italiana
Academy Two








La storia di due uomini: il direttore del Louvre Jacques Jaujard e l'ufficiale dell'occupazione tedesca il conte Franz Wolff-Metternich, prima nemici, poi collaboratori. Sarà grazie alla loro alleanza che molti dei tesori del museo saranno salvati.

Il museo parigino del Louvre diventa “personaggio” vivo nell'ultimo, molto criptico, film di Sokurov dove il maestro russo inventa, giocando con i generi a lui più congeniali, una riflessione sulle basi culturali europee. I musei sono il DNA delle società, il proprio cuore, l'essenza più profonda che costituiscono la struttura stessa di un Paese e la sua civiltà. Affascinato, il regista, dalla storia dell'arte, in essa egli pretende di percepire come e perché, in fondo, i popoli europei siano fratelli, ognuno col proprio carattere, che malgrado i conflitti poi trovano un'intesa. In realtà i popoli europei questa fantomatica intesa non l'hanno trovata attraverso l'arte e mai la potranno trovare su quella strada. 

Una nave mercantile carica di opere d'arte prende il mare incurante delle impossibili condizioni meteorologiche, la nave non arriverà a destinazione e le opere andranno perdute come anche forse le vite dell'equipaggio: si può scegliere tra vita e arte? Oppure si può scegliere di sacrificare la vita per un ideale o per il proprio paese?

Purtroppo questo genere di film, così costruito, deve avere un senso chiaro e logico e a suon di metafore le cose si complicano e diventano materia per fanatici rabdomanti. Ma tant'è, proprio quando non ci si vuole affidare alla forma ma far prevalere il significato e il senso delle cose attraverso la chiarezza espositiva si rischia di produrre, sicuramente, un'opera d'arte che però risulterà dedicata ai pochi che vogliano sforzarsi di “studiarla”.  Per cui: rimaniamo colpiti e affascinati dall'arte rappresentata nel famoso museo e cerchiamo di cogliere le più misteriose sfumature dalle inquadrature perfette, poi divaghiamo da quello che è stata la Storia europea durante la metà del secolo scorso e da quello che sarebbe potuto essere se alcuni uomini non avessero scelto di privilegiare l'Arte piuttosto che disinteressarsene (in fondo una guerra ha altre priorità) e farne tesoro da trasmettere, anche se mi pare che questo tipo di lezione non serva proprio a niente.


Louvre


Johanna Korthals Altes, Aleksander Sokurov


Aleksander Sokurov

venerdì 8 gennaio 2016

perfect day

A Perfect Day - Fernando León de Aranoa - Spagna- 2015
Cannes 68   Quinzaine des Réalisateurs





A Perfect Day

Spagna
drammatico
2015

colore
2.35:1
105'




regia
Fernando León de Aranoa
aiuto regia
Antonio Ordóñez
soggetto
Paula Farias... (romanzo 'Dejarse llover')
sceneggiatura
Fernando León de Aranoa
Diego Farias
fotografia
Alex Catalán
montaggio
Nacho Ruiz Capillas
scenografia
César Macarrón
musica orig.
Arnau Bataller
costumi
Fernando García
trucco
Caitlin Acheson
Agathe Dupuis
effetti visivi
Ferran Piquer
effetti speciali
Raúl Romanillos
interpreti
Benicio Del Toro... Mambrú
Tim Robbins... B
Olga Kurylenko... Katya
Mélanie Thierry... Sophie
Fedja Stukan... Damir
Eldar Residovic... Nikola
Sergi López... Goyo
(…)
produttore
Fernando León de Aranoa
Jaume Roures
Patricia De Muns (esecutivo)
Javier Méndez (esecutivo)
Luis Fernández Lago (line producer)
produzione
Reposado
Mediapro
Movimentata avventura di quattro operatori umanitari e un traduttore locale impegnati nei Balcani nel 1995, a guerra appena finita. La loro missione è rimuovere un cadavere da un pozzo, per evitare che contamini l’acqua della zona circostante. La squadra, guidata dal carismatico Mambrú, comprende Sophie, ingenua idealista appena arrivata dalla Francia, la bella e disinibita Katya e l’incontenibile B, volontario di lungo corso e allergico alle regole. Dopo una rocambolesca serie di eventi, i quattro capiranno che si tratta di un compito più difficile del previsto, in un paese in cui anche trovare una corda può diventare un’impresa impossibile.

Jugoslavia, Bosnia per la precisione, adattata altrove. Ambientazione in ogni modo congeniale al racconto di un gruppo di volontari e contingenti delle Nazioni Unite, operatori umanitari del tutto inutili inseriti in una guerra impossibile da metabolizzare.
Film necessario, come è necessario non dimenticare una guerra crudele e rozza fuori tempo massimo (quando è scoppiata e fatte scoppiare) dove le responsabilità vere non sono mai state volutamente appurate. Perché le responsabilità maggiori sono di “innominabili” fuori dai confini balcanici. In ogni modo, la visione di questo film e di tutti quei film ad esso paragonabile sulle guerre jugoslave hanno la forza di smuovere i sentimenti più profondi e malgrado, in questo caso, si faccia largo uso dell'ironia ciò avviene prepotentemente.
Guerra in Jugoslavia, sono passati più o meno vent'anni ma la ferita non si rimargina, non si può rimarginare perché con quella guerra la Storia è finita. La Storia nostra, dell'Occidente e del mondo che avevamo conosciuto ed immaginato.
Quando quello strano senso così inebriante di vittoria assoluta, sul nemico immaginato, assale e pervade l'uomo esso sarà pervaso dalla percezione di deità incontrastabile, l'equilibrio delle masse si sgretola. Immagino lo sportivo alla ricerca forsennata di battere il record che prima o poi diventerà impossibile e qui la Storia finisce. Ebbene con quella guerra, la guerra in Jugoslavia, la ricerca dell'ultimo “record” è finita. Per raggiungere quel traguardo si sono usati tutti mezzi, il doping iniettato, dal fantomatico mondo vincitore superiore civile e protetto dal Signore, in quelle vene è scorso a fiumi come il sangue di gente persone e bestie comuni o geniali: ogni umanità, perfino istruita, capace, utile con sogni desideri e speranze, con Dio e senza Dio, persone sensibili o violente, affettuose, altruiste ma anche prepotenti disgustose e puzzolenti: tutti morti.
La Storia è matrigna perfida, troppe volte abitua le menti ed i corpi alla sopportazione eludendo quell'insegnamento necessario alla naturale evoluzione. Con lo scadere di un traguardo temporale suggestivo come un millennio, associargli una vittoria politica e sociale ha allettato generali e papi, intimamente presuntuosi ed egoisti incuranti del prezzo morale e umano insostenibile. Già in altri tempi si era ipotizzato che forze superiori o divine avrebbero fatto le giuste distinzioni, ma questo è un altro discorso, qui forse è la “Legge di un Mercato” a sostituirsi alle leggi di natura.
Ormai non serve più fare quello sforzo d'onestà che consentirebbe di attribuire le responsabilità, tra qualche anno se ne parlerà con distacco relegando questi eventi nell'inevitabile corso naturale dei tempi, appunto. Senza voler capire come si sia potuto permettere quell'inceppamento del meccanismo che stava lentamente contribuendo al futuro dell'umanità.
La nuova Storia ha avuto il suo principio, si parte da zero con tutti gli annessi, la Storia del Tremila.


FEDJA STUKAN, OLGA KURYLENKO, TIM ROBBINS, MÉLANIE THIERRY, BENICIO DEL TORO


ELDAR RESIDOVIC, BENICIO DEL TORO



SERGI LÓPEZ


!

siamo uomini o caporali?

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