testata (theda)

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sabato 9 febbraio 2013

starlet

Starlet – Sean Baker  – USA – 2012 
Quando gli eventi della vita ci rendono cinici nei confronti del prossimo può capitare che una sorpresa inattesa modifichi il nostro atteggiamento.
La “nostre” protagoniste sono vittime di questi tempi: la giovane Jane è il prodotto di una generazione cresciuta senza nessun modello se non quello della vita facile; l’anziana Sadie, delusa di quello che gli ha riservato il destino, è una donna chiusa dentro il proprio passato e impedisce a chiunque di oltrepassare la soglia delle sue emozioni.
Sarà un incredibile equivoco il mezzo che consentirà alle due donne di scoprirsi e scoprire l’importanza di quei sentimenti per cui vale la pena di vivere.   >Lula<

Sean Baker - Locarno 2012

Dree Hemingway




domenica 3 febbraio 2013

the leather boys (ragazzi di cuoio)

The leather boys - Sidney J. Furie - GB - 1964
The leather boys è un film misconosciuto in Italia se si esclude qualche passaggio in tv ai tempi di Tele +, mai uscito nelle sale. In alcuni database di cinema è conosciuto anche col titolo italianizzato Ragazzi di cuoio o Ragazzi in pelle.
Il film di Sidney Furie (lo stesso regista de Lo spavaldo, un altro film su soggetto motoristico di qualche anno dopo, ambientato nel mondo delle corse americane, è stato probabilmente più apprezzato per il bel film di spionaggio Ipcress) è basato sul romanzo omonimo di Gillian Freeman pubblicato nel 1961 con lo pseudonimo di George Eliot. Il film rimane ai margini del Free cinema malgrado utilizzi furbescamente una delle sue icone più importanti quali Rita Tushingham e abbracci la sottocorrente denominata del Kitchen sink (soprannome affibbiato dai critici a quei film che trattavano contesti popolari) per trovare un suo sbocco commerciale. Visto oggi non provoca alcun sussulto ma all’epoca della sua uscita il film illustrava tematiche moralmente scabrose come l’unione tra minorenni e l’omosessualità (in quegli anni illegale in Inghilterra), ciò contravveniva apertamente anche il famigerato Codice Hays cosa che posticipò l’uscita negli Stati Uniti di alcuni anni, poi paradossalmente ottenne anche una candidatura nel 1966 ai Golden Globes.  


Inghilterra, primi anni Sessanta, all’esterno di una scuola femminile un gruppo di ragazze attornia un giovane motociclista (Reggie). Dot è una di loro, sedicenne con il sogno di sposarsi per poter uscire di casa e vivere liberamente senza i limiti imposti dalla madre o dalla società stessa. Reggie è un meccanico poco più che adolescente che vive ancora con la famiglia, ma desidera anch’egli una vita indipendente, il matrimonio può rappresentare una valida alternativa per sfogare i propri istinti. Questa sarà l’occasione per donare all’amata il famigerato anello di fidanzamento, viatico per il matrimonio. Alla vista del prezioso regalo la comitiva di fanciulle si sprigionerà nel tipico grido di soddisfazione per la compagna, tra queste anche l’insegnante di Dot che però pronuncia la fatidica frase: «Pensaci bene prima di sposarti!»
Dot non ci pensa proprio o meglio, ha già bene in mente quale sarà il suo futuro: matrimonio appena finirà la scuola cosicché non dovrà pensare a trovare un lavoro. La madre, che è l’unico componente della sua famiglia, è ben contenta, se non altro perché si libererà una stanza da affittare, mentre il giovane meccanico è un po’ perplesso, ma nello stesso tempo sogna un vero letto grande dove potrà finalmente fare sesso senza scrupoli. Non saranno della stessa idea i genitori di Reggie che si chiedono come faranno a vivere con i pochi soldi del figlio, la vita da adulti non è facile.
La cerimonia si svolge in chiesa perché per lei è più bello (benché l’ultima volta che ha varcato quella soglia è stato in occasione del battesimo), vestito bianco e damigelle, poi però, per risparmiare il corteo degli invitati utilizza l’autobus di linea per raggiungere i locali del rinfresco. Quella dell’autobus, per la madre di Dot, è stata una brillante idea, poiché i soldi risparmiati si potranno spendere per bere di più. 
Per la Luna di miele, i due sposini sceglieranno un centro vacanze di quelli pensati anche per le tasche del proletariato, lo raggiungeranno ovviamente in sella alla moto, vestiti con l’immancabile abbigliamento di pelle da motociclista. D’ora in poi però cominceranno i “guai di coppia” o meglio si inizia ad intravedere come non tutti gli spigoli della vita in comune sapranno smussarli. Lei vuole divertirsi in compagnia, ballare, andare sulle giostre, bere e ridere raccontando le barzellette mentre lui preferirebbe usare il tempo della vacanza per stare solo con lei a far l’amore. Praticamente i due quasi non si vedono più e alle rimostranze di Reggie Dot se ne esce con la più sintomatica delle frasi:
«Se sposarsi vuol dire non divertirsi, allora mi pento di averlo fatto»
La vita di coppia, come era stato previsto dagli adulti, non si presenta facile, lei si è immedesimata completamente nella parte della mantenuta lasciando in secondo piano i cosiddetti compiti della moglie: alle faccende domestiche preferisce lo shopping, il parrucchiere e l’ozio. Il giovane marito non sopporta l’essere trascurato e soprattutto non giustifica alla moglie la trasandatezza con cui gestisce la stanza in cui vivono. I litigi si fanno sempre più seri e per Reggie l’unico sfogo rimane l’Ace Cafe, il ritrovo dei motociclisti e bande di rockers londinesi. Qui Reggie incontrerà Pete, motociclista anch’egli, un giovane per certi versi misterioso dai modi affabili e con una stravagante intraprendenza. Tra i due nascerà una speciale sintonia che avrà come principio, ovviamente, una sfida di velocità in moto per le strade adiacenti all’Ace Cafe. Questo incontro rappresenterà un punto di svolta nella vita di Reggie e conseguentemente in quella della giovane compagna Dot.
Alla perdita del nonno Reggie si sente in dovere di aiutare la nonna, rimasta ormai sola, ad organizzare il funerale e a un eventuale trasferimento da lei onde evitarle l’ospizio. Dot reagisce male a questa eventualità mancando anche di rispetto alla memoria del defunto.
Purtroppo il rapporto tra i due coniugi si sfilaccia sempre più: lei lamenta di annoiarsi, di essere sempre sola, di non divertirsi; lui chiede a lei di trovarsi un lavoro per non annoiarsi e perché vorrebbe comprare una moto più grossa. La ragazza controbatte dichiarando di non essersi sposata per dover poi lavorare. Alle accuse di “non essere moglie” che il marito rivolge alla donna lei a sua volta accusa il marito a non essere più uomo, di non dedicargli più alcun tipo di attenzione anche intima. È rottura definitiva, Reggie lascia il “tetto coniugale”. Ormai libero dai vincoli imposti dal matrimonio, Reggie si dedica completamente alla moto e all’amico Pete al quale propone di andare a vivere insieme nella casa della nonna. Pete si dimostra entusiasta della proposta, i due uomini si trovano quindi a condividere la stessa stanza e lo stesso letto, e il loro rapporto appare qualcosa che va oltre la semplice amicizia: l’uno vive addolorato la vicenda del matrimonio compromesso l’altro diventa sempre più un punto di riferimento, colui che si rende disponibile ad affrontare le piccole e grandi questioni della vita, sostituisce quindi il ruolo che dovrebbe spettare ad una compagna di vita. 
Ogni occasione diventa un momento da condividere, Reggie si lascia trasportare senza porsi il ben che minimo dubbio: in occasione di una gita con le moto al mare incontrano due ragazze sole e Reggie non lascia scappare l’occasione di stringere amicizia e porta a buon fine l’approccio ma Pete vedendo la disponibilità delle ragazze si prodiga per allontanarle. Giustificando all’amico che tra uomini in fondo si sta meglio. Dot non si vuole rassegnare alla perdita del marito, insieme alla madre escogita un bieco espediente, alla prima occasione confesserà al marito di essere incinta e aspettare suo figlio. La circostanza si presenta quando i due si incontreranno all’Ace cafe, Reggie sempre accompagnato da Pete vede Dot in compagnia di Brian, la sua nuova fiamma. Evidentemente per Reggie i sentimenti nei confronti della ragazza sono ancora vividi e vederla con un altro lo fa ingelosire. I due si parlano e lei lo informa della novità. Per Reggie la cosa non è possibile, troppo tempo è trascorso dalla loro ultima volta e accusa Brian di essere il vero padre. Tra i due presunti padri viene fuori una scazzottata dove risulta vincitore Reggie il quale si rassegna definitivamente a dimenticare quella donna sempre più inaffidabile. Pete è sempre in un angolo pronto per sostenerlo emotivamente. Per Dot, che comunque non ha ancora concretizzato il nuovo rapporto con Brian,  anche Reggie ha un’altra donna e decide di indagare sul suo stato sentimentale. Si presenta alla casa, della nonna di Reggie, dove egli vive con l’intento di sbrogliare la matassa, la nonna nega la presenza di un’altra donna ma Dot incredula si precipita nella stanza e fa una scoperta che la sconcerta: scopre che il marito non sta convivendo con una donna bensì con quel biondino che gli sta sempre attorno. Dot sarà una donna per certi versi perfida e sicuramente sleale ma non è scema, capisce che forse tra i due ragazzi c’è qualcosa di più che una semplice amicizia. Lo intuisce quando vede che nella specchiera del comò ci sono alcune fotografie dove sono ritratti i due amici che posano insieme, per trovare ulteriori conferme si reca a trovare Reggie all’officina in cui lavora. 
Nel frattempo nell’officina Reggie e Pete stanno mettendo a punto le moto per partecipare ad una gara di resistenza, quando arriva Dot nota che il marito sta coccolando una moto nuova, più grossa e potente della solita. Indispettita gli fa notare che quella nuova moto è molto costosa e come risposta Pete gli fa notare che sono cose da uomini e una donna non può capire. Dot con tempismo perfetto controbatte:
«Ma quali uomini, voi sembrate due froci!» 
A questa affermazione Pete non fa una piega, mentre per Reggie qualcosa non torna e forse comincia ad insinuarsi nella mente un dubbio che non l’aveva ancora sfiorato e a cui, comunque, non da troppo peso.   

Si fa il giorno della gara: essa consiste nel raggiungere la lontana Edimburgo e ritorno in sella alle moto, una specie di corsa illegale che si svolge sulle strade aperte al traffico, non ci sono professionisti ne numeri di gara ma chi arriva primo, comunque, vince una somma in denaro abbastanza importante. Alla corsa vi partecipano quasi tutti gli avventori dell’Ace cafe, il quale piazzale antistante, funge da punto di partenza ed arrivo della corsa. Tra i partecipanti, oltre a Reggie e Pete, figurano anche Dot come passeggera sulla moto di Brian, il rocker picchiato da Reggie. La corsa mette alla frusta uomini e macchine: la moto di Brian cede, si rompe non può proseguire e con essa neanche Dot può fare ritorno a Londra. Per Reggie è l’occasione giusta di riallacciare i rapporti con la ragazza offrendogli un passaggio che comprometterà ogni speranza di vittoria, questa decisione indispettisce non poco l’amico Pete. 
Tra i due giovani sembra sbocciare di nuovo quell’intesa che sembrava svanita e forse anche la passione. Raggiunto il traguardo però Reggie, forse anche a malincuore, trascura Dot per andare a festeggiare la fine della corsa con gli amici. Per la ragazza è un brutto colpo. Questo atteggiamento la convince per il passo definitivo nelle braccia di Brian concedendosi definitivamente. Per Reggie invece non ci sono più dubbi, lascerà la stanza condivisa con Pete e tornerà dalla moglie però una volta raggiunta la vecchia stanza dove viveva con la donna scopre che nel letto c’è un uomo. Fine dei giochi, questa volta definitivamente. 
Qualche tempo prima, durante una delle tante chiacchierate tra Pete e Reggie, emerse che Pete era stato un marinaio, aveva viaggiato e conosceva l’America, un posto fantastico dove la TV trasmetteva ben 13 canali, dove la vita era migliore e che avrebbe sognato di trasferirsi con amico motociclista. Reggie non ha mai preso in considerazione questa opportunità ma ora che il mondo gli è crollato definitivamente addosso, dopo aver rinunciato per questo ad un eventuale ritorno dalla moglie, dopo aver venduto la moto si convince di lasciare l’Inghilterra per una qualunque destinazione purché sia lontana con Pete il quale invece non ha niente e nessuno da lasciare se non il proprio lavoro alla discarica dei rifiuti nella periferia londinese. 
Decidono di partire seduta stante, non aspettare oltre, se non ci sono navi per l’America sarà il Giappone o la Cina ma l’importante è andarsene. I due raggiungono il porto, Pete è al settimo cielo e si occupa dei documenti per l’imbarco, nel frattempo Reggie lo va ad aspettare in un bar di marinai dove scopre come stanno le cose, finalmente capisce e non ci sono più dubbi: Pete è omosessuale, innamorato di lui. Non ci sono navi per l’America, non ci sono navi per altre destinazioni se non la vicina Cardif, non ci sarà nessun viaggio e vita nuova. Reggie se ne va per la sua strada, Pete capisce e lascia perdere rassegnato. Fine  

La cultura “proletaria” ha delle proprie regole non scritte. In questo contesto vengono proposte poche alternative, la strada più facile da percorrere risulta essere quella tracciata dai preconcetti e dalle inconsce speranze di riscatto sociale, e per questo motivo riuscire ad evolversi sia socialmente che economicamente appare improbabile. Questa umanità è presumibilmente vittima di se stessa, qui il  progresso e lo sviluppo sono stati ingannevoli anzi, hanno prodotto solo illusioni che erette sul materialismo più spicciolo hanno mantenuto quella distanza tra gli “uni” e gli “altri”. Due linguaggi due prospetti, due binari paralleli che non trovano un punto di incontro, e probabilmente questa prerogativa ha bisogno di qualche secolo ancora per essere superata, i tentativi fino ad ora messi in pratica non hanno prodotto risultati definitivi.
Presa così alla larga può far sembrare il discorso un po’ pretestuoso, visto anche il valore artistico di questo piccolo film, eppure ciò che più balza agli occhi è proprio lo squallore, allora come oggi, in cui il ceto popolare britannico sembra confinato. Ma forse è meglio lasciar perdere tediosi e presuntuosi arzigogoli e cercare di estrapolare il meglio di questo film che è rappresentato, ancor più che dall’aspetto del cosiddetto genere queer, dalle motociclette (le straordinarie cafe racer inglesi) e quella sottocultura che ruotava intorno a loro negli anni Sessanta (bikers e rockers).

Triumph, Norton, BSA, Matchless sono tra i marchi più prestigiosi della vecchia produzione inglese e sono, soprattutto le prime due, le moto che meglio si riesce ad identificare nelle scene del film. Questi anni sono particolarmente fortunati per alcuni marchi sopraccitati, peraltro apprezzati e conosciuti anche in Italia grazie ai molti residuati della guerra nonché per le tante vittorie ottenute dai piloti nelle competizioni sportive. I motori che equipaggiavano questi mezzi si distinguevano rispetto alle altre produzioni per la loro grossa cubatura e per le elevate prestazioni. L’invasione giapponese era ancora là da venire. Poi però, la storia non è stata altrettanto benevola con queste moto che sono praticamente sparite ad esclusione della Triumph la quale ha avuto un buon rilancio e si è rifatta una sua dignitosa fetta di mercato.