testata (theda)

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sabato 17 febbraio 2024

grido

 Il grido

Michelangelo Antonioni - Italia, Usa - 1956/57

 
 

Negli anni Cinquanta i "poveri" virgulti, evidentemente, dovevano essere protetti da ciò che la vita vera gli avrebbe potuto presentare e se le cose non si incastravano bene i soggetti un po' deboli, poco riconciliati avevano improbabili e scarse alternative. L'elettroshock? la vita raminga? il suicidio? 

 


Preambolo fuorviante passiamo oltre.  …

Quando il film, del 1957, deve passare al controllo censorio non ha veri problemi, non è bocciato tuttavia subisce un appunto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo che gli consente la libera visione ma tiene a sottolineare che il film non gli piace perché "finisce male”.

Mai dire mai viene da pensare quando si ha a che fare con il proprio destino non sempre e necessariamente riconciliato, quando la pianificazione non è ogni volta possibile e una semplice notizia scombina ciò che illusoriamente pareva perfetto. La “dolce ”trama delle abitudini è messa a repentaglio e si deve ripartire per ritrovare un equilibrio, dove ogni tassello interiore deve risultare bene assestato, ripartire appunto ma per dove? Il senso della vita, dove caso e destino si intersecano, si drammatizza e il disagio al suo culmine può sfociare nella follia.
Nel film ci troviamo di fronte ad una raggiunta impossibilità di vivere e per quanto il personaggio tenti di reagire, anzi reagisce alla sua sventura, non trova strade alternative. Strade che percorre comunque  ma un forte freno interiore ne impedisce l’uscita.
Il paesaggio dove si svolge la vicenda risulta perfettamente aderente allo descrivere lo stato d'animo di quest'uomo, perduto nel grigiore di queste lande piatte e desolate, un ambiente deprimente che costituisce solo nella fantasia il fascino sottilissimo della più travagliata letteratura “maledetta”.
Un affascinante proletario che non deve chiedere niente alla propria vita si trova suo malgrado abbandonato dalla propria donna amata e madre di sua figlia, lasciato in una nuova situazione  eccezionale oltreché sconosciuta, cerca una soluzione per ripartire. Nel suo peregrinare, di donne ne incontra molte sia banali e  superficiali ma  anche altre più promettenti ma evidentemente anche loro hanno sottotraccia un malessere che non le rende funzionali.
Ultimo appunto rilevante, il nostro “eroe” appartiene al proletariato e negli anni in cui il film è ambientato questa classe sociale non si poteva permettere una problematica borghese, l’operaio non poteva tollerare di avere problemi psico-esistenziali, la sua indole doveva essere programmaticamente riferita alla lotta di classe e per questo i più schierati politicamente non apprezzarono l’opera, almeno così si dice.


Lemmy Ventura

Nota curiosa, il Neorealismo finisce, ipoteticamente, negli stessi luoghi dove era cominciato (Ossessione) ovvero la Bassa Padana.


venerdì 16 febbraio 2024

amore in città

L'amore in città film a episodi, primo ed ultimo numero della rivista cinematografica Lo spettatore

Carlo Lizzani, Dino Risi, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Francesco Maselli con Cesare Zavattini, Alberto Lattuada - Italia - 1953 

 

Il film nasce da un'idea di Zavattini come opera sperimentale, creare una "rivista cinematografica" che doveva avere una cadenza semestrale ma dopo il primo numero non ebbe alcun seguito in quanto l'idea non piacque al pubblico, il film registrò uno dei peggiori incassi dell'anno: 128.600.000 lire. 

fotobusta (episodio Gli italiani si voltano - A. Lattuada)
                           
  
fotobusta (episodio Storia di Caterina - F. Maselli, C. Zavattini)













episodi

  1. L'amore che si paga (Carlo Lizzani)

  2. Paradiso per quattro ore (Dino Risi)

  3. Tentato suicidio (Michelangelo Antonioni)

  4. Agenzia matrimoniale (Federico Fellini)

  5. Storia di Caterina (Francesco Maselli, Cesare Zavattini)

  6. Gli italiani si voltano (Alberto Lattuada) 

     


    Film raccoglitore soprattutto di cortometraggi in forma di documentario con un denominatore comune che non è propriamente l'amore in sé piuttosto vengono trattati i comportamenti, le abitudini, le ossessioni, le cattive tradizioni tra donne e uomini dell'Italia del Dopoguerra. 

     

    Trovo interessante l'episodio di Fellini, curioso piccolo film di finzione, dove la storia si sviluppa in un finto-vero racconto teneramente crudele, già si evidenzia una grande maestria dove sono molto chiare le idee che Fellini svilupperà nel suo cinema futuro legato all'immaginario e al fantastico. Sorta di introduzione a quei capolavori futuri che saranno La strada e Le notti di Cabiria.


    Altro notevole episodio è quello che vede Maselli e Zavattini co-autori in Storia di Caterina, dove il film narra la vera storia di una ragazza-madre sedotta e abbandonata nella grande città. In questo caso la finzione ha un ruolo relativamente marginale qui siamo nell'ambito del cinema del reale ed è un tentativo per riportare in auge il Neorealismo tanto caro a Cesare Zavattini.


Lemmy Ventura

sabato 6 gennaio 2024

Deserto rosso

Michelangelo Antonioni - Italia/Francia - 1964

Quando Dino Campana perse le sue poesie in un incendio, Dino Campana le riscrisse tutte.

Quando Lemmy Ventura, io, si avventura in un social che si chiama Treads provo il cimento con Deserto rosso di Antonioni supero 500 battute e non riesco a pubblicare, cestino tutto e torno indietro di qualche anno, torno al buon vecchio blog ormai dimenticato e ci riprovo. 

Ossessione numero 1 / 2024: Deserto rosso. 

La super depressione prodotta dal post natalizio è di una tale prepotenza da mandarti in orbita e probabilmente in orbita si pensa, si pensa molto e si pensa, solitamente, male: ci si reca nella videoteca (personale) alla ricerca del più improbabile antidoto di tale sentimento, un film di Antonioni.
Deserto rosso è un film datato, improbabile, ostico, inguardabile, noioso? 
Rivisto in questo particolare momento può risultare letale oppure salvifico: nella sua dimensione straniante e ipnotizzante libera quella fantasia che va dalla magia del colore, passando dal fango ai capelli "smanati" e doloranti di Monica Vitti per finire nella magia della spiaggia rosa oppure nel pseudo porno night di un capanno al porto. Personaggi agli antipodi poco decifrabili e urticanti che si muovono in un contesto disumano e artificiale dove si vagheggia una modernità incantata. Qui dove deve germogliare il futuro si pensa ad accantonare la Storia come soluzione per non morire.
La nuova ossessione è un trip. Aprire gli occhi e lasciarsi andare anelando l'istinto che pervade l'animo di Giuliana.